Pensiero del mese di Ottobre 2015

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"Festa di San Francesco d’Assisi: oggi il 75° anniversario della Sua proclamazione a Patrono d’Italia "

4 OTTOBRE 2015

Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia

75° anniversario della Sua proclamazione a Patrono

 


SAN FRANCESCO

Il Santo voluto da Pio XII Patrono del nostro Paese incarna lo spirito di identità nazionale

Ho scelto il nome del Patrono d’Italia, San Francesco d’Assisi, e ciò rafforza il mio legame spirituale con questa terra, dove sono le origini della mia famiglia”.

Così Papa Francesco in Piazza San Pietro lo scorso 17 marzo, nella ricorrenza della proclamazione dell’Unità d’Italia (1861).

Il 4 ottobre, giorno e occasione di approfondimento e di riflessione.  Non è un caso che papa Bergoglio abbia posto l’accento sul fatto che il Poverello d’Assisi, espressione di una Chiesa povera, serva ed ecumenica, sia il Patrono d’Italia.
«Il più italiano dei santi, il più santo degli italiani». Il 18 giugno del 1939, giorno della proclamazione di San Francesco a patrono d’Italia, Papa Pio XII definiva così il Poverello d’Assisi. Erano anni turbolenti, meno di un mese prima l’Italia stringeva il Patto d’acciaio con Hitler che trascinerà l’Italia nel secondo conflitto mondiale.
Oggi, come allora, nei momenti di difficoltà, il nostro Paese «deve guardare alla figura di Francesco per riscoprire i tratti più profondi della propria identità, che passano attraverso la riscoperta dei valori del Vangelo e della promozione dell’uomo». Ad affermarlo, mercoledì 1° ottobre, è stato il Segretario generale della Cei mons. Nunzio Galantino, nel corso dell’incontro celebrativo del 75mo anniversario della proclamazione di Francesco patrono d’Italia. Nella sala Aldo Moro di Montecitorio sono intervenuti anche la presidente della Camera Laura Boldrini e padre Mauro Gambetti, Custode del Sacro Convento di Assisi.
Attualizzare la figura di Francesco vuol dire «sfidare le contraddizioni del nostro tempo», ha sottolineato l’onorevole Boldrini che ha indicato tre valori per «interpellare tutti, al di là del credo religioso». Pace, umiltà e natura: parole tramandateci dall’esperienza francescana e che indicano alcune «priorità assolute». 
Pensiero profondo per meditare il senso dei valori morali e umani che una Nazione non può dimenticare nel camino di una civiltà verso il futuro.

 

 

 

     


Due santi al mese


15 Ottobre  -S. Teresa d'Avíla,  dottore della Chiesa-

 Nata ad Avila nel 1515, guidata da Dio intraprese a quarant'anni e portò a termine numerose fondazioni, suscitando anche molti risentimenti. Maestra di mistici e direttrice di coscienze, tenne contatti epistolari con il re Filippo Il di Spagna e i personaggi più illustri del suo tempo. Fu una donna pratica e si occupava delle minime cose del monastero, non trascurando mai la parte economica, perché diceva argutamente, "Teresa senza la grazia di Dio è una povera donna; con la grazia di Dio, una forza; con la grazia di Dio e molti denari, una potenza". Teresa scrisse, per sollecitazione del confessore, la storia della sua vita, un libro di confessioni tra i più sinceri e impressionanti. È la storia di un'anima che appassionatamente lotta per salire, senza dapprima riuscirvi. Per questo, dal punto di vista umano, Teresa appare a noi più vicina, dàndoci l'immagine di una creatura fatta di carne e di sangue. che trasformarono profondamente la sua vita interiore, dandole la percezione della presenza di Dio e l'esperienza di fenomeni mistici descritti più tardi nei suoi libri. Morì ad Alba de Tormes nell’ ottobre 1582  e nel 1622 venne proclamata santa. Paolo VI il 27 settembre 1970 le ha riconosciuto il titolo di dottore della Chiesa.





17 Ottobre - S. Ignazio d'Antiochia Vescovo e martire. – 

La metropoli siriana, Antiochia, terza. in ordine di grandezza del vasto impero romano, ebbe come primo vescovo l'apostolo Pietro, al quale succedettero Evodio e quindi Ignazio, il Teòforo, « Colui che porta Dio », come egli stesso amava chiamarsi. Cuore ardente (il nome Ignazio'deriva da « ignis », fuoco), egli è ricordato soprattutto per le espressioni di intenso amore a Cristo, da lui scritte durante il viaggio da Antiochia a Roma, dov'era tradotto prigioniero, vittima della persecuzione di Traiano (98-117). In quell'occasione il santo vescovo scrisse sette lettere, indirizzate a varie Chiese e a S. Policarpo.
Tradotto in catene a Roma, dove finì i suoi giorni nell'arena, divorato dalle bestie feroci, egli venne fatto oggetto di affettuose attenzioni dalle varie comunità cristiane nelle città dove passò. Molti si adoperavano per evitargli la pena capitale, ma Ignazio desiderava il martirio più di ogni altra cosa e supplicava in particolare i fratelli di Roma perché non gli impedissero di dare la sua testimonianza con interventi in suo favore presso le autorità imperiali: « Lasciatemi essere il nutrimento delle belve, dalle quali mi sarà dato di godere Dio. lo sono frumento di Dio. Bisogna che sia macinato dai denti delle belve, affinché sia trovato puro pane di Cristo».
L'ansia di raggiungere Dio, di trovare Cristo, espressa con un'intensità che trova riscontro anche in S. Paolo, è una caratteristica della mentalità delle prime comunità. I cristiani di Antiochia veneravano, fin dall'antichità, il suo sepolcro alle porte della città e già dal IV secolo celebravano la sua memoria il 17 ottobre.