Pensiero del mese: Ottobre 2007


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I piedi di Pietro e …quelli di Giuda"

A furia di difendere la tesi del primato di Pietro, abbiamo perso di vista che egli è il capostipite di quell’ultimato di poveri verso cui Gesù ha sempre espresso un amore preferenziale.
Così affermava Tonino Bello (vescovo di Molfetta, morto prematuramente e definito “profeta della speranza  per gli ultimi”)
Ma forse a Pietro non vogliamo abbastanza bene. Forse sta scontando ancora gli effetti di quella iniziale resistenza, quando, all’ultima Cena, contestò ostinatamente Cristo: «Non mi laverai mai i piedi!» (Gv 13,8). La sua era certamente un’affettuosa protesta rivolta al Maestro, ma poi si sarebbe trasformata in un’amara profezia nei secoli.

Come se non bastasse il peso del mondo, a Cristo noi pure incurviamo le spalle sotto il fardello delle nostre risse fraterne. E abbandoniamo a se stesso l’«ultimo», che è in attesa.
Stiamo vicini a questo ‘fratello ultimo” a tutti gli ultimi del Sud del mondo!!
Stanchi per il troppo e inutile camminare sulle strade della terra, cerchiamo di far sentire il tepore dell’acqua, e prendiamo (con Cristo) l’asciugatoio rinfrancandolo dalle fatiche con i gesti della tenerezza, ripetendo pure noi i versetti di Isaia: «Come sono belli i piedi dei messaggeri che annunciano la pace!» (Is 52,7).
Quella sera Pietro fece inversione di marcia e a Gesù gridò: «Non solo i piedi, ma anche le mani e il capo» (Gv 13,9), E Giuda? Dove è andato questo testimone  scomodo dei nostri tradimenti?
Una perfidia che suscita reazioni emotive. Che allude a tutti i tradimenti della storia; vigliaccata che forse non lascia estraneo nessuno. Un mistero d’iniquità che provoca istintivamente processi di identificazione e che, comunque, induce a riflettere.

I piedi di Giuda come quelli degli altri sono stati lavati da Gesù. Con la stessa tenerezza usata per Pietro, Giovanni, Giacomo. Sono stati asciugati dalle sue mani col medesimo trasporto d’amore espresso per tutti.

I piedi di Giuda, come i piedi degli altri. Anche se più degli altri, per paura o per imbarazzo, hanno vibrato sotto lo scroscio dell’acqua. Gesù se n’è dovuto accorgere. E lo fa capire qualche istante più tardi, facendo riferimento a quei piedi: «Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno» (Gv 13,18).

Quel calcagno levato nell’atteggiamento sleale del calcio, e ciononostante investito dall’acqua ristoratrice del Maestro, rimane per tutti noi l’emblema di un angoscioso bisogno di redenzione .

Non importa quale sia l’esito della lavanda per Giuda, e non importa sapere il suo destino finale.

Rimane un lavacro d’amore per i falliti: Giuda diventa il simbolo di chi nella vita ha sbagliato in modo pesante. Il gesto di Cristo curvo sui suoi piedi ci chiama a rivedere i comportamenti verso coloro che  sono andati a finire sui binari morti di un’esistenza fallimentare, di chi non ce l’ha fatta a seguire Gesù fino al Calvario. Di chi dai chiarori del Cenacolo è precipitato nel buio della strada sbagliata. E noi eravamo lontani …