Pensiero del mese di Maggio 2011

" La vergine di Guadalupe in Messico "   

Curiosità di una devozione

Il culto della Madonna di Guadalupe è diffuso in tutto il Messico
(quanto Lourdes in Europa) , ma incontrò opposizioni, finché con solenne "ufficialità" della Santa Sede, nel 1667 Papa Clemente IX emanò una bolla in cui dichiarava il 12 dicembre festa della Madonna di Guadalupe. 

Gli esami scientifici della "tilma"

Al 1666 risale anche il più antico esame scientifico dell'immagine "impressa" sulla tilma, rozzo tessuto di fibre d'agave, usato in Messico dagli indios poveri per fabbricare abiti - cuciti insieme con filo sottile. Su di essa si vede l'immagine della Vergine, di dimensioni leggermente inferiori al naturale - la statura è di 143 centimetri - e di carnagione un po' scura, donde l'appellativo popolare messicano di Virgen Morena o Morenita, circondata dai raggi del sole e con la luna sotto i suoi piedi, secondo la figura della Donna dell'Apocalisse. I tratti del volto non sono né di tipo europeo né di tipo indio, ma piuttosto meticcio - una commistione fra le due razze, la Vergine di Guadalupe appare tipicamente "messicana". Sotto la falce argentata della luna un angelo, le cui ali sono ornate di lunghe penne rosse, bianche e verdi, sorregge la Vergine che, sotto un manto verde-azzurro coperto di stelle dorate, indossa una tunica rosa "ricamata" di fiori in boccio dai contorni dorati, e stretta sopra la vita da una cintura color viola scuro: questa cintura - il "segno di riconoscimento", presso gli aztechi, delle donne incinte - indica che la Vergine è in procinto di dare agli uomini Gesù.

I risultati degli esami compiuti su questa immagine dai pittori e dagli scienziati nel 1666 sono i seguenti: è assolutamente impossibile che un'immagine così nitida sia stata dipinta a olio o a tempera sull'ayate, data la completa mancanza di preparazione di fondo; che il clima del luogo in cui l'immagine è stata esposta, senza alcuna protezione, per centotrentacinque anni è tale da distruggere in un tempo più breve qualsiasi pittura, anche se dipinta su tela di buona qualità e ben preparata, a differenza del rozzo ayate della tilma di Juan Diego.

Gli studi scientifici sull'immagine concludono che non è un dipinto, apparendo i colori come "incorporati" alla trama della tela; e non soltanto una pittura, ma lo stesso tessuto dell'ayate avrebbe dovuto disgregarsi in breve tempo nelle condizioni climatiche della radura ai piedi del Tepeyac.

Risultati sorprendenti verranno dagli studi sull'immagine della Madonna di Guadalupe compiuti nel nostro secolo. Nel 1936, il direttore dell’ Institut di Heidelberg, dottor Richard Kuhn - premio Nobel 1938 - , ha la possibilità di analizzare due fili, uno rosso e uno giallo, provenienti da frammenti della tilma di Juan Diego, forse ritagliati nel 1777 per adattare alla cornice l'antico mantello, e poi conservati come reliquie. I risultati delle analisi sulle fibre non vi è traccia di coloranti, né vegetali, né animali, né minerali.

Ma i risultati più incredibili sono giunti dall'esame degli occhi della Vergine di Guadalupe. È noto che nell'occhio umano si formano tre immagini riflesse degli oggetti osservati - una sulla superficie esterna della cornea, la seconda sulla superficie esterna del cristallino e la terza, ovviamente rovesciata, sulla superficie interna del cristallino stesso - dette "immagini di Purkinje-Sanson" dai nomi dei due ricercatori . Se tali immagini riflesse, oltre che negli occhi di una persona vivente, possono forse essere viste anche in una fotografia ad alta risoluzione, non potranno certo mai vedersi negli occhi di un volto umano dipinto su una tela. Eppure, nel 1929, il fotografo Alfonso Marcué González, esaminando alcuni negativi dell'immagine della Madonna di Guadalupe, scorge nell'occhio destro qualcosa di simile al riflesso di un mezzo busto umano. La scoperta - tenuta segreta -  è confermata il 29 maggio 1951 dal fotografo ufficiale del santuario, José Carlos Salinas Chávez, che rilascia pubblica dichiarazione scritta di aver visto "[...] riflessa nella pupilla del lato destro della Vergine di Guadalupe la Testa di Juan Diego, accertandone subito la presenza anche sul lato sinistro" .

La presenza negli occhi della Vergine di questa presunta "testa di Juan Diego" viene confermata negli anni successivi dalle osservazioni di illustri oftalmologi, compiute anche direttamente sulla tilma priva del vetro protettivo, i quali riescono pure a individuare, nel solo occhio destro, la seconda e la terza immagine di Purkinje-Sanson. È una scoperta che rende ancora più "inspiegabile" l'immagine del Tepeyac, ma non è ancora tutto. Infatti, quando nel 1979 l'ingegnere peruviano José Aste Tonsmann, chiede di poter analizzare - con il metodo dell'elaborazione elettronica mediante computer, i riflessi visibili negli occhi della Madonna di Guadalupe. Con questo metodo José Aste Tonsmann riesce a ingrandire le iridi degli occhi della Vergine fino a 2500 volte le loro dimensioni originarie, e a rendere, mediante opportuni procedimenti matematici e ottici, il più possibile nitide le immagini in esse contenute. Il risultato ha, ancora una volta, dell'incredibile: negli occhi della Madonna di Guadalupe è riflessa l'intera scena di Juan Diego che apre la sua tilma davanti al vescovo Juan de Zumárraga e agli altri testimoni del miracolo. In questa scena è possibile individuare, da sinistra verso destra guardando l'occhio: un indio seduto, che guarda in alto; il profilo di un uomo anziano, con la barba bianca e la testa segnata da un'avanzata calvizie e da qualcosa di simile alla chierica dei frati, molto somigliante alla figura del vescovo Juan de Zumárraga O.F.M. quale appare nel dipinto di Miguel Cabrera raffigurante il miracolo della tilma; un uomo più giovane, quasi sicuramente l'interprete Juan González; un indio dai lineamenti marcati, con barba e baffi, certamente Juan Diego, che apre il proprio mantello, ancora privo dell'immagine, davanti al vescovo; una donna dal volto scuro, forse una schiava nera; un uomo dai tratti spagnoli - quello già individuato dagli esami oftalmoscopici sulla tilma e inizialmente scambiato per Juan Diego - che guarda pensoso la tilma accarezzandosi la barba con la mano. Tutti questi personaggi stanno guardando verso la tilma, meno il primo, l'indio seduto, che sembra guardare piuttosto il viso di Juan Diego. Insomma, negli occhi dell'immagine della Madonna di Guadalupe vi è come una "istantanea" di quanto accaduto nel vescovado di Città di Messico al momento in cui l'immagine stessa si formò sulla tilma. Al centro delle pupille, poi, si nota, in scala molto più ridotta, un'altra "scena", del tutto indipendente dalla prima, in cui compare un vero e proprio "gruppo familiare" indigeno composto da una donna, da un uomo, da alcuni bambini, e - nel solo occhio destro - da altre persone in piedi dietro la donna.

La presenza di queste immagini negli occhi è, innanzi tutto, la conferma definitiva dell'origine prodigiosa dell'icona guadalupana: è materialmente impossibile dipingere tutte queste figure in cerchietti di circa 8 millimetri di diametro, quali sono le iridi della Madonna di Guadalupe.

Un altro studio scientifico che ha dato risultati molto interessanti è quello relativo alla disposizione delle stelle sul manto della Vergine, che, grazie alla collaborazione di alcuni astronomi e dell'osservatorio Laplace di Città di Messico, esse corrispondono alle costellazioni presenti sopra Città di Messico al solstizio d'inverno del 1531 - solstizio che, dato il calendario giuliano allora vigente, cadeva il 12 dicembre .



Due santi al mese


6 – s. Domenico Savio  -

Domenico Savio, nacque a San Giovanni di Riva, presso Chieri A dodici anni fu accolto da don Bosco nell'Oratorio di Torino.
Proprio sull'esempio di don Bosco desiderava dedicarsi all'insegnamento e all'educazione dei giovani.
L'8 dicembre 1854, la proclamazione del dogma dell'Immacolata da parte di Papa Pio IX, spinse Domenico, già devotissimo a Maria, a consacrarsi alla Madre Celeste. Nel 1856 fondò tra gli amici la "Compagnia dell'Immacolata" per un'azione apostolica di gruppo. A causa della sua salute cagionevole fu però costretto a lasciare il collegio di Torino dove studiava e morì, a Mondonio, a soli 15 anni, il 9 marzo 1857. E' sepolto nella Basilica di Maria Ausiliatrice.
È stato canonizzato da Pio XII il 12 giugno 1954.
La sua Festa si celebra il 6 Maggio. E' patrono dei "Pueri cantores". 

 

 

 


26 – s. Filippo Neri


Nato a Firenze nel 1515 e morto in Roma nel maggio del 1595, venne dichiarato santo nel 1622. Il suo corpo è venerato nella chiesa di S. Maria in Vallicella. Il 12 marzo del 1922 i suoi resti furono collocati nell’attuale cassa e portati in processione per le vie di Roma. Sue reliquie sono in moltissime chiese, sia in Italia che nel mondo.
"Apostolo di Roma" lo definirono immediatamente i Pontefici ed il popolo Romano, titolo riservato a Pietro e Paolo, titolo che Roma non diede a nessun altro dei pur grandissimi santi che, contemporaneamente a Filippo, aveva vissuto ed operato tra le mura della Città Eterna. Il cuore di Padre Filippo, ardente del fuoco dello Spirito, cessava di battere in terra in quella bella notte estiva, ma lasciava in eredità alla sua Congregazione ed alla Chiesa intera il dono di una vita a cui la Chiesa non cessa di guardare con gioioso stupore. Ne è forte testimonianza anche il Magistero del Santo Padre Giovanni Paolo II che in varie occasioni ha lumeggiato la figura di san Filippo Neri e lo ha citato, unico dei santi che compaiano esplicitamente con il loro nome, nella Bolla di indizione del Grande Giubileo del 2000.