Pensiero del mese: Maggio 2007


" In che cosa crede, chi non crede?...... "              
                                    (I Bambini e Dio)

I genitori  sanno che è necessario insegnare ai loro figli come mangiare o comportarsi correttamente, e lo fanno. Questo dovrebbe valere anche per Dio. Certo, decidere di scoprire Dio con i propri figli significa addentrarsi in un territorio di grandi esplorazioni. Anche perché di questa dimensione nessuno in realtà può fare a meno. Chi non crede in Dio crede in qualcos’altro: nell’Amore, nella Giustizia, nella Libertà… I più superficiali credono in se stessi, nel potere o nei soldi. ‘Tipi di Fede” o ideali come questi, sono di livello spesso discutibile. Nasce allora la domanda in ogni caso: «In che cosa crede, chi non crede?.

I bambini, nella loro iniziale evoluzione psicologica, più di ogni altro, hanno bisogno di storie che spieghino loro da dove proviene il mondo, perché vivono e dove si trova ora il nonno che è scomparso da poco. Vogliono sapere per quale ragione veniamo al mondo e quando ahimè dobbiamo lasciarlo. Chiedono se Dio è uomo o donna.., I bambini possono spingere i genitori oltre ogni capacità di immaginazione con le loro domande, ed è irresponsabile lasciare i figli esposti a qualunque influenza: in questo modo ingannano i bambini. Dio si deve “respirare”, come uno di casa, e si deve accogliere come l’Ospite con la “O” maiuscola. La sua presenza si rivela nell’importanza data all’interiorità, negli avvenimenti memorabili, nell’amore reciproco, nella responsabilità degli gli altri, nel coraggio, nel perdono, nella speranza. Dio non è un “vago sentimento” religioso, ma una persona presente. I genitori però non possono dimenticare il più semplice dei principi pedagogici: nessuno può condurre un altro se non dove è già stato. I genitori non possono limitarsi a “mandare” i figli al catechismo. Devono fare una loro parte, che è la più importante. La Chiesa non è la “stazione di rifornimento” che eroga servizi. E come il dono della vita viene da Dio attraverso i genitori, così la fede viene da Dio attraverso i genitori e la Chiesa. La frase «Mio figlio deve poter decidere più tardi da solo quale religione scegliere» è completamente sbagliata dal punto di vista psicologico-evolutivo.

L’apprendimento religioso è a tre stadi. Il primo passa attraverso l’osservazione  e l’imitazione: i bambini ascoltano con gli occhi. Un bambino che non vede il papà e la mamma pregare, non pregherà mai. Per la nascita e lo sviluppo dell’immagine di Dio l’influenza dei genitori è decisiva. La religiosità però viene acquisita anche attraverso l’insegnamento e l‘accompagnamento: è il secondo stadio. I bambini hanno il diritto di conoscere e capire la storia di Gesù, le sue parole, la riflessione e la tradizione della comunità dei credenti; poi di essere “iniziati” a una vita “con Dio dentro”. La terza via per imparare la religiosità, passa attraverso il rafforzamento che viene dall’approvazione degli altri e la conferma sociale. Questo è il compito delle comunità cristiane. La conferma sociale derivante dalla preghiera e dalla celebrazione in comune nella chiesa o anche nei gruppi, all’oratorio, fa apparire plausibile e degno di essere vissuto ciò che viene trasmesso da genitori e catechisti,

I bambini hanno bisogno di un rapporto con Dio, non di una “ideologia” su Dio.

Il più delle volte ricevono immagini deformi e fortemente nevrotizzanti di Dio: Giudice che condanna, Contabile arcigno che prende nota di tutto, Padrone che esige un alto rendimento, Cara- biniere che punisce, ecc. Le icone vere di Dio sono differenti: Creatore che ha plasmato ogni uomo a sua immagine, Buon Pastore che accompagna e protegge le sue pecorelle, Padre che si occupa dei figli con cuore “materno”, Amico che soffre con l’uomo e dà significato alla morte. Ma una fede viva ha  bisogno di gesti e tradizioni, perché i bambini vogliono vedere e toccare.

Ecco allora il momento del mattino o della sera: felici quei genitori che hanno l’abitudine di recitare una preghiera accanto al proprio bimbo, lasciando che egli esprima preoccupazioni e disagi, i sentimenti che prova e i desideri che nutre. Ecco anche la lettura della Bibbia, o il pregare in famiglia: insegnare a pregare è il dono più grande che i genitori possono fare ai figli. E ancora: seguire le feste dell’anno liturgico, celebrare la domenica con la messa, culmine della preghiera familiare...

Momenti sacri e umani che formano e fanno vivere e crescere nell’armonia. Allora si comprende cosa significa  credere e non credere. ..  e  Dio non è mai inutile o superfluo.