Pensiero del mese di Gennaio 2015

      

"Ricchezza dei poveri con Papa Francesco "      

 


 

«Non ti dimenticare dei poveri!»: fu questo l'invito che un amico fraterno, il cardinale francescano Claudio Hummes, fece a Jorge Mario Bergoglio al momento dell'elezione a vescovo di Roma e successore di Pietro. Papa Francesco non ha dimenticato quell'invito, ne ha fatto anzi una delle priorità del magistero della parola e della vita, che offre con fedeltà quotidiana alla Chiesa.

Sembra importante considerare tre aspetti della povertà:
*il suo volto negativo, che si esprime nella miseria;
*la povertà come valore e come scelta di vita;
*la solidarietà che l'attenzione ai poveri esige, con le forme in cui è chiamata a tradursi per essere vera ed efficace.

L a povertà come miseria offende la dignità dell'essere umano: come tale va combattuta e vinta. Perché questo avvenga, bisogna conoscere la condizione di privazione e di autentica miseria in cui vivono tanti esseri umani. Sono i loro volti, le loro storie che devono sfidarci. È per questo che, parlando qualche giorno fa agli studenti delle scuole gestite dai Gesuiti in Italia e Albania, Papa Francesco ha detto: «Non si può parlare di povertà, di povertà astratta, quella non esiste! La povertà è la carne di Gesù povero, in quel bambino che ha fame, in quello che è ammalato, in quelle strutture sociali che sono ingiuste. Andate, guardate là la carne di Gesù...».

Papa Francesco ci aiuta a scoprire la povertà come valore. Lo ha fatto con parole toccanti parlando a braccio alle migliaia di ragazzi e di giovani presenti all'incontro accennato: «Non lasciatevi rubare la speranza dallo spirito del benessere che, alla fine, ti porta a diventare un niente nella vita! Il giovane deve scommettere su alti ideali: questo è il consiglio. Ma la speranza, dove la trovo? Nella carne di Gesù sofferente e nella vera povertà. C'è un collegamento tra le due».

Come dire: dov'è il tuo tesoro, lì è il tuo cuore! Se riponi in Cristo la Tua fede e orienti a Lui le Tue scelte di vita, allora non potrai inseguire il denaro come valore cui finalizzare ogni cosa. Allora capirai che c'è un tesoro ben più grande di un conto in banca, ed è il dono di sé vissuto per gli altri e la condivisione di ciò che hai con chi non ha nulla. Ne consegue uno stile, fatto di speranza teologale e di carità vissuta, di sobrietà di costumi e di gioia di dare. La falsa immagine della persona riuscita, identificata con chi si conforma ai modelli standard della società dei consumi, deve cedere il posto alla verità di chi si mette in gioco per gli altri e non esita a sacrificarsi, pagando di persona. La maschera soddisfatta e suadente dell'uomo o della donna di successo deve impallidire davanti al coraggio umile di chi impara a conoscere i poveri e li ama donandosi e sentendo come offesa a loro ogni ostentazione di ricchezza o di potere. Non si tratta, insomma, di sembrare poveri, ma di esserlo nelle scelte profonde del cuore per dare il primato al vero tesoro, la carità ricevuta da Dio e vissuta per gli altri.

Infine il volto attivo della povertà scelta per amore: la solidarietà verso chi è debole e l'impegno al servizio della giustizia per tutti.

Anche qui non si tratta di inseguire sogni ideologici che lasciano le cose come sono o peggio le appesantiscono della violenza tipica di chi vuol cambiare il mondo per conformarlo alla propria testa. «La povertà - diceva ancora Papa Francesco ai giovani - ci chiama a seminare speranza, per avere anch'io più speranza. Questo sembra un po' difficile da capire, ma ricordo che Padre Arrupe una volta diceva: Non si può parlare di povertà senza avere l'esperienza con i poveri».
Voler fare qualcosa di vero per gli altri e farlo: ecco la sfida concreta della solidarietà.

Merita ascoltare le parole dette dal Papa qualche giorno fa in una delle omelie: «Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture. Ciò significa che il Regno di Dio va proclamato con la semplicità ... che lascia posto al potere della Parola di Dio», e non di qualsivoglia grandezza umana. Il servizio ai poveri «nasce dalla gratuità, dallo stupore della salvezza che viene... quello che io ho ricevuto gratuitamente, devo darlo gratuitamente». Chi testimonia il Vangelo deve poter dire: «Non ho ricchezze, la mia ricchezza è soltanto il dono che ho ricevuto, Dio». È questa «povertà» che «ci salva dal diventare solo organizzatori o imprenditori». Anche la Chiesa nasce da questa gratuità ricevuta e annunziata». Una Chiesa che diventi «ricca» o che vada a perdere la «gratuità», è una Chiesa che "invecchia" e, alla fine, muore. E questo mi sembra valga non solo per la Chiesa..

 

 

     


Due santi al mese


15 -  San Romedio Eremita 

La leggenda vuole che Romedio discendesse dalla nobile famiglia dei Von Thaur di Innsbruck e che, a Trento, decise di lasciare le sue proprietà al vescovo, dato che in quei secoli l'assistenza ai poveri era curata dal clero con servizi permanenti (diaconie). Forse consigliato da Vigilio, stabilì la sua dimora presso il luogo dei martiri anauniesi, in Val di Non, sulla roccia che poi prese il suo nome. Qui trascorse gli ultimi anni di vita, nella venerazione di Gesù alla stregua dei monaci orientali.
 Imbattutosi in un orso, che gli sbranò il cavallo, lo addomesticò e ne fece la sua cavalcatura.Il suo culto è molto sentito a San Zeno, dove si ritirò in eremitaggio. Morì nel 405 (forse 400) e fu sepolto in cima alla roccia, in un sepolcro scavato da monaci eremiti.
Viene venerato in una affascinante basilica, così come in tutto l'Alto Adige ed il Tirolo, dove la sua immagine è presente nelle case per allontanare le sciagure.  




21 -  Sant’Agnese, martire 
Agnese, appena dodicenne, fu vittima della persecuzione di Diocleziano, agli albori del IV secolo. La storia puntigliosamente documentata del suo martirio non può lasciare indifferenti.
Il figlio del prefetto di Roma si invaghì di lei, ma, respinto con fermezza, si rivolse al padre Sinfronio che gli suggerì di denunciarla come cristiana. Il giovane la minacciò, poi, vedendola irremovibile, la consegnò nelle mani del padre che, per vendetta, la fece esporre alla malavita. Agnese superò quella prova, poiché l’unico uomo che provò la violrnza, cadde misteriosamente morto ai suoi piedi. Neppure di fronte a quel prodigio la mano assassina si fermò: e fu decapitata con la spada.
Ancora oggi, nella basilica dedicata al suo nome sulla Via Nomentana, la mattina del 21 gennaio due agnelli vengono benedetti e offerti poi al Papa affinché con la loro lana siano tessute le vesti destinate agli arcivescovi.