Pensiero del mese: Febbraio 2004


La leggenda del pianista "Novecento"

Ritengo utile un accenno ad un testo straordinario, tratto dal film “La leggenda del pianista sull’oceano”, di Giuseppe Trovatore. Ecco in sintesi la storia.


Il transatlantico Virginian percorre avanti e indietro la sua rotta per l' America col suo carico umano di prima, seconda e terza classe, dalla fine del secolo scorso al secondo dopoguerra. L' ambientazione coreografica ricorda quella di Titanic, così come l'utilizzo di migliaia di comparse, ma qui non accadono naufragi. C'è invece un pianista, sul Virginian, che dicono sia il più bravo del mondo e che nasconde una vita fuori dal comune. T.D.Lemon Novecento è nato e vissuto su quella nave, senza mai scendere nemmeno per un attimo, trattenuto dalla paura dell’insicurezza del mondo sulla terra ferma, dove dai porti si snodano strade che portano chissà dove e di cui non si vede mai al fine. La sua incredibile storia, da quando un macchinista nero lo trova abbandonato in una cassa di limoni nel salone delle feste, al capodanno del nuovo secolo, fino al successo della sua band e alla sua scelta di preferire la solitudine dell'oceano al caos del mondo.


Il neonato era appunto stato trovato sul Virginian, nave enorme, dal macchinista di colore, nel gennaio del 1900. Il bambino cresce a bordo della nave, insieme al padre putativo, senza scendere mai a terra ed imparando già in tenera età a suonare il pianoforte, grazie al quale con il tempo si mantiene durante le traversate oceaniche e diventa pure famoso per le sue doti straordinarie. Arriva il momento in cui Novecento, così si chiama l’artista, decide di chiudere con quell’avanti ed indietro sull’oceano Atlantico, per scendere a New York e farsi una famiglia. Per tutto l’equipaggio della nave si tratta di un evento, perché Novecento è nato e cresciuto su quella nave, senza mai scendere. Ma accade che quando egli arriva a metà della scaletta di sbarco, si ferma, si guarda attorno, e dopo qualche attimo di esitazione ritorna sulla nave senza dare spiegazioni a nessuno. Poi, molti anni dopo, viene decretato lo smantellamento della nave, ormai vecchia ed inadeguata allo scopo della traversata tra Europa ed America, ma Novecento pur sapendo che essa addirittura verrà minata e fatta esplodere, non scende e si nasconde al suo interno facendo perdere le sue tracce.


Solo alla fine del film, un amico trombettista di nome Max, voce portante di tutto il film, fa un tentativo disperato per cercare Novecento e convincerlo a scendere prima dell’esplosione.


Quando lo trova, Novecento gli spiega il motivo della sua scelta, con un discorso di rara bellezza:


Era tutto molto bello su quella scaletta ed io ero grande con quel cappotto, facevo il mio bel figurone e non avevo dubbi che sarei sceso. Non c’era problema.


Non è quello che vidi che mi fermò, Max. E’ quello che non vidi. Puoi capirlo? Quello che non vidi. In quella sterminata città c’era tutto tranne una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo.


Tu pensa un pianoforte: i tasti iniziano, i tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti loro; tu sei infinito e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita. Questo a me piace ed in questo posso vivere. Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai – perché questa è la verità, che non finiscono mai – quella tastiera è infinita.


Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Sei seduto sul seggiolino sbagliato, quello è il pianoforte su cui suona Dio.

Cristo! Ma le vedevi le strade? Anche solamente le strade, ce ne erano a migliaia. Ma dimmelo, come fate voialtri laggiù a sceglierne una? A scegliere una donna, una casa, una terra che sia vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire?

Tutto quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n’è. Ma non avete paura voi a finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità? Solo a pensarla, a viverla!


Io ci sono nato su questa nave. Vedi, anche di qui il mondo passava, ma non più di duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano, ma non più di quelli che potevano stare su una nave, tra una prua ed una poppa. Sognavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato a vivere in questo modo.


La terra è una nave troppo grande per me, è una donna troppo bella, è un viaggio troppo lungo, è un profumo troppo forte, è una musica che non so suonare.


Non scenderò dalla nave, al massimo posso scendere dalla mia vita, in fin dei conti è come se non fossi mai nato. Sei tu l’eccezione, Max. Solo tu sai che sono qui. Sei una minoranza, non ti resta che adeguarti. Perdonami amico mio, ma io non scenderò.


E’ un testo molto bello, Novecento è un uomo cresciuto su una nave con un chiaro senso del suo limite e del limite di tutti gli uomini, e non riesce a “scendere” in un mondo dipinto d’infinito, senza limiti di possibilità, di divertimenti, di consumo, di possibilità. E’ un pianista che non accetta di giocare a fare il dio, e più dei suoi 88 tasti non vuole, perché in quelli c’è già abbastanza per lui.

 

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