Dicembre 2001

 

L’ombra della tragedia americana, le Twin Towers  di New York che bruciano come torce travolgendo in pochi minuti vittime innocenti, costituisce il primo tragico vagito del ventunesimo secolo (così un giornalista).

Più nulla di quello che era prima in noi è ancora in noi. Ogni nostra parola, anche quando siamo innocenti e non colpevoli, va ora rivisitata prima che decada in retorica protervia.

Per essere fraterno questo mondo deve essere giusto. La stessa preghiera, ha detto Giovanni Paolo II, non può essere solo di compianto, ma deve aiutare tutti a non cadere nella tentazione dell’odio e della violenza, ma ad impegnarsi al servizio della giustizia e della pace, perché non prevalgano decisioni prese sulla scorta dell’emotività.

 

Soltanto un nuovo ordine mondiale può essere garante di pace. E’ forse questa l’utopia che il nuovo secolo richiede agli uomini di ragione e di fede, superando lo sperpero iniquo della discriminazione, lo sfogo della violenza, le prerogative del potere che si ritiene compiuto solo attraverso gli effetti del prepotere o dello strapotere.

 

In questo Natale (di guerra) tragiche sparatorie insanguinano molti luoghi del mondo, e viene veramente da chiedersi se questa non sia una festa di odi e di morti attorno alla culla di Betlemme.

Gesù ha detto: "Non sono venuto a portare la pace, ma una spada!" (cioè: la guerra: Mt. 10,34).  In Luca (Lc. 12, 51) quelle stesse parole sono precedute da altre (12, 49-50):

"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!

C'e' un battesimo che devo ricevere e come sono angosciato, finché non sia compiuto!"

Se Lui è venuto a portare fuoco, sofferenza (battesimo), spada, questi rombi di missili sono un omaggio alle sue parole...!?! E questo è proprio quel Gesù, la cui povera nascita ricordiamo in questi giorni di Natale.

Ma è quello stesso Gesù che dirà un giorno: "Beati gli operatori di pace! (Mt. 5,9)" e invierà i discepoli a portare la pace (Mt. 10, 13).

Cos'è? Gesù che si contraddice, oppure nella sua bocca le parole "pace" e "spada (guerra)" vogliono dire altre cose?

Il discorso è serio; molto più serio di quello che possiamo pensare noi, al caldo delle nostre case e lontani dalle zone di guerra.

Gesù è già nato, morto e risorto circa 2000 anni fa. Quindi il Natale è un ricordo. Ma Gesù nasce  ancora in ognuno di noi, se lo vogliamo.

Possiamo quindi chiedergli che, arrivando sulla terra in migliaia di persone impugni decisamente proprio quella spada per far finire quelle guerre e quegli odi e dia pace ai morti e ai sopravvissuti.

Un Augurio di Pace e serenità a tutti!

 


   

Gioia Cristiana e il Natale

La gioia è il dono che il cristianesimo ha fatto al mondo.

L’uomo è fatto per la gioia. "Non si può trovare uno che non voglia essere felice" dice s. Agostino.

Ma c’è  un falso modo di intendere la gioia. "Non è certo che tutti vogliano essere felici; poiché chi non vuole avere gioia di Te, o Signore, che sei la sola felicità, non vuole la felicità" (s. Agostino).
Nonostante le deviazioni possibili e facili, la gioia un bisogno insito nell’uomo.
Quel che è vero per ogni uomo lo è a maggior ragione per il cristiano. Deve cercarla con impegno senza darsi per vinto.

Nelle Scritture abbiamo molti riferimenti:
"Possa tu avere molta gioia!" è il saluto rivolto dall’angelo a Tobia (Tb 5,11).

E il Siracide aggiunge: "Non abbandonarti alla tristezza, non tormentarti con i tuoi pensieri. La gioia del cuore è la vita per l’uomo, l’allegria di un uomo è lunga vita! (Sir 30,22-23). "Dio ama chi dona con gioia" (Sir 35,11; 2Cor 9,7).

Gesù insiste molto sulla gioia: "Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena" (Gv 15,11). Prega per i suoi discepoli "perché abbiano in se stessi la pienezza della sua gioia" (Gv 17,13). Si premura di assicurarli che la loro tristezza per la sua passione e morte si cambierà in gioia quando lo vedranno risuscitato e glorioso: "Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia... Voi ora siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia" (Gv 16,20-23).

Li esorta a pregare il Padre per provare la gioia di essere esauditi: "Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena" (Gv 16,24).

Gesù si esprime con tenerezza e con forza perché chi lo segue comprenda che la proposta di vita cristiana, che passa attraverso la croce, ha come sfondo e traguardo la gioia.

È terribilmente falsa la presentazione del cristianesimo come "nemico della gioia" (Anatole France) o "maledizione della vita" (Nietzsche).

San Paolo esorta i cristiani a conservare sempre e ovunque la gioia: "Fratelli miei, state lieti nel Signore" (Fil 3,1); "Rallegratevi nel Signore; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini" (Fil 4,4-5); "Il regno di Dio... è giustizia, pace, e gioia nello Spirito Santo" (Rm 14,17), E l’apostolo giustifica questa sua insistenza sulla gioia del cristiano appellandosi proprio alla volontà di Dio: "State sempre lieti, … questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi" (1Ts 5,18).

Gli Atti degli apostoli descrivono i primi cristiani: "Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità" (At 2,46-47).
 

Da dove viene questa gioia?

"La gioia è causata dall’amore" (s. Tommaso d’Aquino). Gioia e amore camminano insieme. Chi non ama non può essere gioioso. La gioia è assente dove sono presenti l’egoismo e l’odio. La disperazione nasce dall’assenza dell’amore.

La gioia cristiana è una ridondanza dell’amore di Dio: non è una virtù distinta dall’amore, ma è un effetto dell’amore. E la sorgente dell’amore è Dio: "Dio è amore" (1Gv 4,8).

"Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23)… Chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (1Gv 4,12-16).

La potenza di Dio attua il disegno di salvezza in Cristo e così il cristiano ha la gioia di sperimentare un amore che si piega verso di lui fino a risolvere il dramma doloroso e triste della solitudine dell’uomo: "È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati" (Col 1,13).

Sull’antica legge dell’Antico Testamento spunta come culmine della novità cristiana il comandamento nuovo: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34).

 

 E il Natale che stiamo per celebrare è l’inizio di questo amore da parte di Dio verso l’uomo.

La tradizione cristiana si intreccia con la tradizione popolare e soprattutto contadina, perchè prima del Natale Cristiano  c'era la festa del Fuoco e del Sole, la festa della divinità della luce Mitra, perchè in questo periodo c'è il solstizio d'inverno, cioè il giorno più corto dell'anno, e da questa data le giornate iniziano ad allungarsi.       

Tra i Celti invece si festeggiava il  solstizio d'inverno, perchè in quel giorno  il sole sembrava fermarsi nel cielo (“sol stat”, cioè il sole si ferma, da cui solstizio). 

Oggi però la verità del Natale spesso se va nella baraonda consumistica dei regali, nella ridda dei Babbi Natale, degli alberi con le luci, e qualche rara volta nel presepio.

Sotto questo profilo, ha avuto ragione il Card. Biffi a prendersela con i Babbi Natale; ma,  Babbo Natale e soprattutto l'albero (generalmente il nordico abete) possono avere un aggancio con la venuta di Cristo: nel nordico mondo pagano,una volta all'anno si bruciava un albero per ricordare una gran luce venuta dall'oriente; e il Babbo Natale è stato inventato, sempre al nord, per ricordare una venuta misteriosa ch'era un gran dono per il mondo. E infatti e' enorme il dono che Dio ha fatto agli uomini, facendosi uomo come loro,per salvarli nello spirito in questa vita e per un gaudio eterno nell'altra.

Ma poi questo significato è sommerso nell'enormità di doni che ci si scambia a Natale e che, per i bambini, arrivano nella slitta di Babbo Natale e si ritrovano sotto l'albero.

Dov'e' finito il Bambin Gesù? Nel Babbo Natale...

C'è rimasto il presepe, purtroppo sempre più dimenticato, per non urtare la suscettibilità di chi non è cristiano. Cos'è allora questo giorno di Natale?

Il ricordo di un grande avvenimento. Ma di questo spesso troviamo ben poco anche nelle famiglie cristiane; prende il sopravvento la visione materialistica e consumistica.

Non è bello! e nemmeno tranquillizzante! Quel Bambino è il padrone del mondo e un giorno ritornerà a giudicare. L'augurio del "buon" Natale, vorrebbe dire proprio di ricordarci, almeno quel giorno, che c'e' qualcosa di più importante : Cristo si è fatto uomo per noi e tra noi!

Il Natale è da celebrare allora innanzitutto nell’intimo, come apertura verso una vita che viene, verso una libertà sconosciuta che si dilata nelle costrizioni dell’esistenza, verso un amore più grande che dà calore all’intimo e forza alla volontà.

È cosa difficile elencare i valori del Natale, tanto sono vasti. È infatti la celebrazione del Mistero dell’Incarnazione di Dio e  rappresenta l’essenza della vita cristiana.

Questa partecipazione dell’uomo alla nascita del Salvatore esprime anche il desiderio di far conoscere ad ogni uomo la certezza che la vita continuamente viene nel mondo e rappresenta l’unico punto di riferimento per orientarsi nelle strade dell’esistenza.

Vivere ed annunciare la nascita di Gesù è atto di profonda religiosità e risponde all’invito del Signore: “Quanto vi è stato rivelato in segreto, gridatelo sui tetti”  (Mt 10,27). Allora preghiamo:          

 

Non permettere, o Signore,

-che ascoltiamo la tua Parola

senza osservarla,

-che la conosciamo senza amarla.

Facci conoscere com’è feconda di grazia,

 com’è piccolo ciò che è terreno,

e com’è grande ciò che è divino,

 quanto è incerto ciò che non è eterno.

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